lunedì 15 febbraio 2010
Se un giorno...
Se un giorno ti venisse voglia di piangere, chiamami.
Non prometto di farti ridere, ma potrei piangere con te.
Se un giorno ti venisse voglia di scappare, chiamami.
Non prometto di chiederti di restare. Ma potrei scappare con te.
Se un giorno ti venisse voglia di non parlare, chiamami.
Ti prometto che me ne starò zitto.
Ma se un giorno tu mi chiamassi e io non rispondessi,
vienimi incontro, potrei avere bisogno di te!
domenica 14 febbraio 2010
Auguri di Buon San Valentino ♥
Leggenda di San Valentino
Un giorno San Valentino sentì passare, al di là del suo giardino, due giovani fidanzati che stavano litigando. Decise di andare loro incontro con in mano una magnifica rosa. Regalò la rosa ai due fidanzati e li pregò di riconciliarsi stringendo insieme il gambo della rosa, facendo attenzione a non pungersi e pregando affinché il Signore mantenesse vivo in eterno il loro amore.
Qualche tempo dopo la giovane coppia tornò da lui per invocare la benedizione del loro matrimonio.
La storia si diffuse e gli abitanti iniziarono ad andare in pellegrinaggio dal vescovo di Terni il 14 di ogni mese.
Il 14 di ogni mese diventò così il giorno dedicato alle benedizioni, ma la data è stata ristretta al solo mese di febbraio perché in quel giorno del 273 San Valentino morì.
Qualche tempo dopo la giovane coppia tornò da lui per invocare la benedizione del loro matrimonio.
La storia si diffuse e gli abitanti iniziarono ad andare in pellegrinaggio dal vescovo di Terni il 14 di ogni mese.
Il 14 di ogni mese diventò così il giorno dedicato alle benedizioni, ma la data è stata ristretta al solo mese di febbraio perché in quel giorno del 273 San Valentino morì.
sabato 13 febbraio 2010
Quando....
Quando d'avanti a te si aprono tante strade e non sai quale prendere ,
non imboccare una a caso siediti e aspetta,
stai fermo in silenzio e ascolta cosa ti dice il cuore.
appena lui ti ha parlato alzati senza esitare e vai dove lui ti porta...
E quando sei arrivato sulla strada giusta capirai che al cuor non si comanda ♥
venerdì 27 novembre 2009
Coroncina della Medaglia Miracolosa
O Vergine Immacolata della Medaglia Miracolosa, che, mossa a pietà dalle nostre miserie, scendesti dal cielo per mostrarci quanta cura prendi alle nostre pene e quanto ti adoperi per allontanare da noi i castighi di Dio e ottenerci le sue grazie, soccorrici in questa presente nostra necessità e concedici le grazie che ti domandiamo. Ave Maria. O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te. (tre volte).
O Vergine Immacolata, che ci hai fatto dono della tua Medaglia, quale rimedio a tanti mali spirituali e corporali che ci affliggono, come difesa delle anime, medicina dei corpi e conforto di tutti i miseri, ecco che noi la stringiamo riconoscenti sul nostro cuore e ti domandiamo per essa di esaudire la nostra preghiera. Ave Maria. O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te. (tre volte).
O Vergine Immacolata, che hai promesso grandi grazie ai devoti della tua Medaglia, se ti avessero invocato con la giaculatoria da Te insegnata, noi, pieni di fiducia nella Tua parola, ricorriamo a Te e Ti domandiamo, per a Tua Immacolata Concezione, la grazia di cui abbiamo bisogno. Ave Maria. O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te. (tre volte).
O Vergine Immacolata, che ci hai fatto dono della tua Medaglia, quale rimedio a tanti mali spirituali e corporali che ci affliggono, come difesa delle anime, medicina dei corpi e conforto di tutti i miseri, ecco che noi la stringiamo riconoscenti sul nostro cuore e ti domandiamo per essa di esaudire la nostra preghiera. Ave Maria. O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te. (tre volte).
O Vergine Immacolata, che hai promesso grandi grazie ai devoti della tua Medaglia, se ti avessero invocato con la giaculatoria da Te insegnata, noi, pieni di fiducia nella Tua parola, ricorriamo a Te e Ti domandiamo, per a Tua Immacolata Concezione, la grazia di cui abbiamo bisogno. Ave Maria. O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te. (tre volte).
domenica 18 ottobre 2009
La leggenda del " Vaso di Pandora"
Erano troppo cattivi e superbi gli uomini da qualche tempo. Giove, il possente nume che governava il Cielo e la Terra ne era proprio stanco."Bisogna punirli" si disse. E, chiamato presso il suo trono il fabbro Vulcano gli comandò di fabbricargli una donna. "Fabbricare una donna!!! Ma non é la stessa cosa che cesellare lo scudo di Minerva o sbalzare l'armatura di Marte!" gli disse. "Obbedisci!!" ripeté Giove, severo. "Ho bisogno di castigare gli uomini che stanno diventando veramente malvagi!" E Vulcano obbediente se ne tornò alle sue fucine e cominciò a costruire la donna.
Con le braccia vigorose, la modellò in argilla dal capo alle piante, la fece disseccare, le plasmò con dita sapienti un volto soave, la colorò di tenero rosa e le diede come anima una scintilla del fuoco divino che ardeva nei forni immensi dell'Olimpo. Allora la donna aprì gli occhi, sorrise e le sue membra si mossero con grazia; era in tutto simile alle bellissime Dee. Accorse Minerva ad ammirarla e le donò una cintura di perle e un abito ricchissimo di porpora e gemme; le Grazie le adornarono il petto e le braccia di gioielli scintillanti; Venere, la dolce dea dal sorriso adorabile, sparse sulla testa della fortunata ragazza tutte le più squisite grazie femminili, mentre le Ore dalle lunghe trecce dorate inghirlandavano la donna appena creata con serti di rose vellutate e profumate. Anche Giove volle offrire il suo dono alla bellissima mortale, prima di mandarla fra gli uomini."Io ti metto nome Pandora " disse Giove. "E il tuo nome vuol dire la donna "di tutti i doni" e a quelli che hai ricevuto ora, aggiungo il mio. Eccolo, tu porterai questo vaso con te, quando andrai sulla terra. Esso contiene tutti i mali che possono far piangere, soffrire, rovinare gli uomini. Guardati dunque dall'aprirlo, essi sfuggirebbero tutti per il mondo; mentre invece chiusi lì dentro, rimarranno imprigionati in eterno e non potranno nuocere a nessuno". La donna accolse grata il dono del nume e su di un cocchio a forma di cigno, scese sulla Terra ove il Fato aveva stabilito che dovesse diventare la sposa di un re. Ma la curiosità, a poco a poco, prese a roderle il pensiero: che cosa dunque conteneva il prezioso vaso intarsiato donatole da Giove? Tutti i mali aveva detto il nume? Ma come erano fatti? Quali erano? E se avesse aperto appena un pochino il coperchio e avesse curiosato con precauzione da uno spiraglio?
Piano piano la donna sollevò il coperchio, ficcò il viso nella breve fessura, ma dovette staccarsene subito inorridita. Un fumo denso, nero e acre usciva a folate enormi dal vaso e mille fantasmi orribili si delineavano in quelle tenebre paurose che invadevano il mondo e oscuravano il sole. C'erano tutte le malattie e tutti i dolori e tutte le brutture e tutti i vizi. E, tutti rapidi, inafferrabili, violenti, uscivano dal vaso irrompendo nelle case tranquille degli uomini. Invano Pandora, cercava affannosamente di chiudere il vaso, di trattenere i Mali e di rimediare al disastro. Il Fato inesorabile si compiva e da quel giorno la vita degli uomini fu desolata da tutte le sventure scatenate da Giove. Quando tutto il fumo denso fu svaporato nell'aria e il vaso parve vuoto, Pandora guardò nell'interno: c'era ancora un grazioso uccellino azzurro; era la Speranza, l'unico bene rimasto ai mortali a conforto delle loro sventure.
Giove aveva punito gli uomini con la curiosità rovinosa di Pandora, aveva voluto che i Mali fossero liberi di causar loro infiniti castighi, ma aveva anche donato alla vita travagliata che egli stesso aveva imposto all'umanità, un dolce azzurro conforto:la Speranza che non abbandona nessuno.
Con le braccia vigorose, la modellò in argilla dal capo alle piante, la fece disseccare, le plasmò con dita sapienti un volto soave, la colorò di tenero rosa e le diede come anima una scintilla del fuoco divino che ardeva nei forni immensi dell'Olimpo. Allora la donna aprì gli occhi, sorrise e le sue membra si mossero con grazia; era in tutto simile alle bellissime Dee. Accorse Minerva ad ammirarla e le donò una cintura di perle e un abito ricchissimo di porpora e gemme; le Grazie le adornarono il petto e le braccia di gioielli scintillanti; Venere, la dolce dea dal sorriso adorabile, sparse sulla testa della fortunata ragazza tutte le più squisite grazie femminili, mentre le Ore dalle lunghe trecce dorate inghirlandavano la donna appena creata con serti di rose vellutate e profumate. Anche Giove volle offrire il suo dono alla bellissima mortale, prima di mandarla fra gli uomini."Io ti metto nome Pandora " disse Giove. "E il tuo nome vuol dire la donna "di tutti i doni" e a quelli che hai ricevuto ora, aggiungo il mio. Eccolo, tu porterai questo vaso con te, quando andrai sulla terra. Esso contiene tutti i mali che possono far piangere, soffrire, rovinare gli uomini. Guardati dunque dall'aprirlo, essi sfuggirebbero tutti per il mondo; mentre invece chiusi lì dentro, rimarranno imprigionati in eterno e non potranno nuocere a nessuno". La donna accolse grata il dono del nume e su di un cocchio a forma di cigno, scese sulla Terra ove il Fato aveva stabilito che dovesse diventare la sposa di un re. Ma la curiosità, a poco a poco, prese a roderle il pensiero: che cosa dunque conteneva il prezioso vaso intarsiato donatole da Giove? Tutti i mali aveva detto il nume? Ma come erano fatti? Quali erano? E se avesse aperto appena un pochino il coperchio e avesse curiosato con precauzione da uno spiraglio?
Piano piano la donna sollevò il coperchio, ficcò il viso nella breve fessura, ma dovette staccarsene subito inorridita. Un fumo denso, nero e acre usciva a folate enormi dal vaso e mille fantasmi orribili si delineavano in quelle tenebre paurose che invadevano il mondo e oscuravano il sole. C'erano tutte le malattie e tutti i dolori e tutte le brutture e tutti i vizi. E, tutti rapidi, inafferrabili, violenti, uscivano dal vaso irrompendo nelle case tranquille degli uomini. Invano Pandora, cercava affannosamente di chiudere il vaso, di trattenere i Mali e di rimediare al disastro. Il Fato inesorabile si compiva e da quel giorno la vita degli uomini fu desolata da tutte le sventure scatenate da Giove. Quando tutto il fumo denso fu svaporato nell'aria e il vaso parve vuoto, Pandora guardò nell'interno: c'era ancora un grazioso uccellino azzurro; era la Speranza, l'unico bene rimasto ai mortali a conforto delle loro sventure.
Giove aveva punito gli uomini con la curiosità rovinosa di Pandora, aveva voluto che i Mali fossero liberi di causar loro infiniti castighi, ma aveva anche donato alla vita travagliata che egli stesso aveva imposto all'umanità, un dolce azzurro conforto:la Speranza che non abbandona nessuno.
venerdì 28 agosto 2009
venerdì 7 agosto 2009
La Leggenda del Golfo degli Angeli
C’era un golfo bellissimo, chiuso da azzurre montagne, che al tramonto del sole
sembrava incendiare: è il golfo di Cagliari, conosciuto col nome di Golfo degli Angeli.
Gli angeli, nei tempi lontani, chiesero a Dio un dono. Dio rispose che avrebbe dato loro
in dono una terra dove gli uomini si amavano, si rispettavano, vivevano felici.
“ So che esiste questa terra; cercatela, trovatela e sarà vostra “aveva detto loro.
Gli Angeli obbedirono; scesero dal cielo e si sparsero sulla Terra.
Ma ovunque trovarono cattiverie, guerre, odi.
Stavano per ritornare, tristi, da Dio Padre, quando il loro sguardo cadde su una grande isola
verde circondata da un mare tranquillo. Gli Angeli si avvicinarono rapidamente:
non rumore di guerre e di distruzioni, non colonne di fumo si alzavano dalle colline fiorite
ove brucavano grandi greggi. E gli uomini aravano i campi non chiusi da segni di proprietà.
Quei primi abitatori della Sardegna, ignari delle ricchezze della loro terra, discendenti da eroi
che avevano fuggito la tirannide e 1’ ingiustizia trascorrevano la loro vita in semplicità,
contenti della pace e della bellezza dei luoghi.
Gli Angeli salirono felici in Cielo. Riferirono al Signore ciò che avevano visto… e Iddio
mantenne la promessa. Gli Angeli, quindi, ridiscesero ancora sull’isola, e rimasero
specialmente incantati davanti al grande golfo che si apriva, come un immenso fiore turchese
all’estremo limite meridionale della loro terra.Decisero, dunque, di stabilirsi lì:
in quell’arco di mare così azzurro e bello che ricordava il Paradiso.
Presto, però, Lucifero, invidioso di quegli Angeli felici, cercò di seminare, fra di essi,
lotte e discordie, e siccome non vi riuscì tentò di scacciare gli Angeli da quel loro
secondo Paradiso.
Lottarono a lungo le forze del Bene e quelle del Male sulle scatenate acque del golfo.
Ed ecco che alla fine, tra il lampeggiare delle folgori del demonio si levò in alto la spada
scintillante dell’Arcangelo Gabriele. Fu il segno decisivo della vittoria.
Lucifero stesso fu sbalzato dal suo cavallo nero, dalle narici di fuoco.
A1le prese la sella e, in un impeto di co1lrera violenta, la lanciò nel Golfo,
formando un promontorio che poi venne chiamato «La Sella del Diavolo ».
Sotto di esso, trovarono dapprima rifugio le pacifiche navi fenicie, poi quelle di guerra
dei Cartaginesi. Poi quelle dei Romani, dei Vàndali e Bizantini. In seguito quelle dei Pisani,
dei Genovesi e degli Spagnoli. Ed infine, quelle degli Inglesi, dei Francesi e degli Americani.
Così, oggi, gli Angeli se ne sono andati dal loro golfo incantato e lo guardano dall’alto,
discendendovi, talvolta. Lievi e silenziosi, all’ora del tramonto,
quando il cielo si colora d’oro e di porpora.
sembrava incendiare: è il golfo di Cagliari, conosciuto col nome di Golfo degli Angeli.
Gli angeli, nei tempi lontani, chiesero a Dio un dono. Dio rispose che avrebbe dato loro
in dono una terra dove gli uomini si amavano, si rispettavano, vivevano felici.
“ So che esiste questa terra; cercatela, trovatela e sarà vostra “aveva detto loro.
Gli Angeli obbedirono; scesero dal cielo e si sparsero sulla Terra.
Ma ovunque trovarono cattiverie, guerre, odi.
Stavano per ritornare, tristi, da Dio Padre, quando il loro sguardo cadde su una grande isola
verde circondata da un mare tranquillo. Gli Angeli si avvicinarono rapidamente:
non rumore di guerre e di distruzioni, non colonne di fumo si alzavano dalle colline fiorite
ove brucavano grandi greggi. E gli uomini aravano i campi non chiusi da segni di proprietà.
Quei primi abitatori della Sardegna, ignari delle ricchezze della loro terra, discendenti da eroi
che avevano fuggito la tirannide e 1’ ingiustizia trascorrevano la loro vita in semplicità,
contenti della pace e della bellezza dei luoghi.
Gli Angeli salirono felici in Cielo. Riferirono al Signore ciò che avevano visto… e Iddio
mantenne la promessa. Gli Angeli, quindi, ridiscesero ancora sull’isola, e rimasero
specialmente incantati davanti al grande golfo che si apriva, come un immenso fiore turchese
all’estremo limite meridionale della loro terra.Decisero, dunque, di stabilirsi lì:
in quell’arco di mare così azzurro e bello che ricordava il Paradiso.
Presto, però, Lucifero, invidioso di quegli Angeli felici, cercò di seminare, fra di essi,
lotte e discordie, e siccome non vi riuscì tentò di scacciare gli Angeli da quel loro
secondo Paradiso.
Lottarono a lungo le forze del Bene e quelle del Male sulle scatenate acque del golfo.
Ed ecco che alla fine, tra il lampeggiare delle folgori del demonio si levò in alto la spada
scintillante dell’Arcangelo Gabriele. Fu il segno decisivo della vittoria.
Lucifero stesso fu sbalzato dal suo cavallo nero, dalle narici di fuoco.
A1le prese la sella e, in un impeto di co1lrera violenta, la lanciò nel Golfo,
formando un promontorio che poi venne chiamato «La Sella del Diavolo ».
Sotto di esso, trovarono dapprima rifugio le pacifiche navi fenicie, poi quelle di guerra
dei Cartaginesi. Poi quelle dei Romani, dei Vàndali e Bizantini. In seguito quelle dei Pisani,
dei Genovesi e degli Spagnoli. Ed infine, quelle degli Inglesi, dei Francesi e degli Americani.
Così, oggi, gli Angeli se ne sono andati dal loro golfo incantato e lo guardano dall’alto,
discendendovi, talvolta. Lievi e silenziosi, all’ora del tramonto,
quando il cielo si colora d’oro e di porpora.
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